La democrazia degli Italiani: governo a una minoranza (quale ne sia il colore)

Chi ritiene lo schieramento italiano dei partiti diviso tra:

a) un’ala di sinistra post-comunista che comprende il Partito Democratico (post-comunisti ed ex democristiani) e il Movimento Cinque Stelle;

b) un partito sedicente di centro costituito dai seguaci di Carlo Calenda e di Matteo Renzi; c) una formazione di destra che comprende Fratelli d’Italia (post-fascisti), Forza Italia, sedicente cattolica e liberale (non cogliendosi l’ossimoro insito nei due termini), la Lega di contenuto politico incerto e variabile è un inguaribile “ottimista”.

Il panorama politico del Bel Paese è molto più frastagliato. L’ala sinistra post-comunista è divisa su tutto, soprattutto sulla guerra russo-ucraina; Calenda e Renzi hanno celebrato il loro divorzio; a destra la lotta per la “primazia” è appena iniziata “in sordina” ma sarà resa palese dai sondaggisti in occasione delle elezioni europee.

In tanta proliferazione di sigle, v’è un elemento, falso, che i predetti partiti considerano unificante: tutti affermano di appartenere alla famiglia liberale.

Peccato, però, che il liberalismo vero in Italia non sia mai allignato perché è stato fatto proprio ed espresso da seguaci di Hegel, come Giovanni Gentile e Benedetto Croce, inevitabilmente legati, per coerenza filosofica, all’autoritarismo illiberale, assolutistico, astratto ed utopico dell’idealismo teutonico (e post-platonico).

In realtà, qualcosa che unifica concettualmente tutte le forze politiche italiane c’è: la voglia di governare… comunque.

E si potrebbe aggiungere: l’incapacità di cogliere il fermento vivo e palpitante di una quarta fase dell’indipendenza italiana di liberarsi non più dall’Austria prevaricatrice e oppressiva, ma dai subdoli gnomi della Finanza insediati ai vertici dell’Unione Europea dagli Alleati della seconda guerra mondiale per tenerci, come suol dirsi, “sotto schiaffo” e impedirci, anche con un crescente indebitamento, di crescere economicamente e dare fastidio ai “manovratori occulti” delle loro agenzie di “intelligence”. Tale incapacità è unificante, in quanto non risparmia nessuna forza politica che per governare è disposta… a tutto.

In un tale quadro politico a dir poco disastroso, governare gli Italiani, come qualcuno ha detto in passato, non è difficile ma del tutto inutile.

Ogni simulacro di organizzazione istituzionale basta a nascondere la realtà: il governo degli Italiani “risiede” fuori dai confini.

Non a caso, da diversi decenni, i consueti “furbetti” (che sullo Stivale sopravanzano nettamente gli “intelligenti”) hanno immaginato “premi” cosiddetti di maggioranza per consentire a forze minoritarie di fingere di governare un Paese, il cui destino (di perenne “non crescita”) è deciso altrove.

Dal tentativo (che oggi ci appare persino commovente per la sua “onestà”) dell’era degasperiana di aumentare le chance di governo per una maggioranza comunque già acquisita si è passati a immaginare una vera messe di premi di maggioranza truffaldini e di pretta natura “bizantina”.

Le regole della democrazia sono state stravolte: si attribuisce il governo del Paese a una minoranza che per effetto di una bacchetta magica, (come quella posseduta, nel noto fumetto degli anni Trenta, da Mandrake).

Si tratta di una maggioranza fittizia utile soltanto per mantenersi a galla in un Paese che nella sua “vera” maggioranza (ancorché inespressa) resta contrario ed ostile.

In altre parole, facendosi un “pasticcio” tra proporzionale e premio di maggioranza (che non c’entra niente con il meccanismo maggioritario) si consente a una “minoranza” di prevalere sul resto della popolazione che rappresenta, sia pure divisa e rifugiata nell’astensione dal voto elettorale, la vera maggioranza della popolazione.

La cosa diventa evidente graficamente se si disegna un cerchio e si vede che un suo spicchio, minore della somma degli altri spicchi, ottiene il governo del Paese, senza avere alcuna reale maggioranza in Parlamento che gli è offerta soltanto dall’artificio del premio.

Chiedersi perché i nostri politici non scelgono tra i sistemi classici e consolidati (che com’è noto sono il proporzionale e il maggioritario) alterandoli, eventualmente, solo nelle forme già sperimentate e consolidate in altri Paesi, è del tutto inutile.

La democrazia è un optional cui gli Italiani hanno deciso di rinunciare.

Luigi Mazzella