Bes. Chi è Bes?

Chi conosce chi sia o cosa sia BES? Cosa sarà mai? Un VIP? Un “very important people” dello spettacolo? del jet-set? dei talk show? O, piuttosto, una sigla della nuova tecnologia elettronica? O la denominazione di qualche gruppo emergente della “alternative gender”? Così, ci mettiamo alla ricerca con l’amico Google, di cui non possiamo più fare a meno. Troviamo che BES significa “Benessere Equo e Sostenibile”. Poiché non siamo gente superficiale e tranchant, vogliamo saperne di più.

Dal sito della Camera dei Deputati leggiamo:

“BES è un set di indicatori, sviluppato dall’ISTAT e dal CNEL (Consiglio Nazionale Economia Lavoro) al fine di valutare il progresso di una società non solo dal punto di vista economico, come ad esempio fa il PIL, ma anche sociale e ambientale. Questo insieme di indicatori è corredato da misure di disuguaglianza e sostenibilità, che quantificano la distribuzione del reddito disponibile e la sostenibilità ambientale del benessere… gli indicatori di benessere equo e sostenibile sono entrati nell’ordinamento italiano, venendo inclusi tra gli strumenti di programmazione e valutazione della politica economica nazionale”.

Perbacco. Sembra una cosa buona: trattasi di “Politica della Crescita economica e dello Sviluppo sociale”. Poi, veniamo a sapere che esiste un “Rapporto sul Benessere equo e sostenibile 2022” redatto dall’ISTAT e presentato il 20 Aprile nell’Aula Magna della sede di Roma, alla presenza di Raffaele Fitto, Ministro per gli affari europei, le politiche di coesione e il PNRR.

Ma vediamo cosa dice questo Rapporto che analizza l’andamento della qualità della vita quotidiana nel nostro Paese, nel triennio 2020 – 2022.Per non annoiare, sintetizziamo le rilevazioni più salienti. Ebbene:

Il 35% della popolazione italiana denuncia un forte peggioramento della propria qualità della vita. In Europa, l’Italia esprime il complesso dei propri dati economici e sociali fra i “meno positivi”.

La nuova generazione, la fascia fra i 15 e i 29 anni, il nostro futuro, versa in una situazione fra le peggiori in Europa tanto che i “Neet”, i nullafacenti o, in inglese, “Not in Education, in Employement or Training”, sono un gravissimo 19% contro la media europea del 11,7%.

Quando si guarda la fascia dai 30 ai 34 anni, solo il 27,4% hanno completato un regolare percorso di studi contro il 42,8% della media europea. 

La tragedia espressa da questi dati, evitando inutili alibi e dibattiti da bar, è di tutta evidenza. Ma come sia stato possibile che l’Italia, una volta grande Paese nel mondo, addirittura ai primi posti nelle classifiche economiche e sociali, si sia ridotta in questo stato negli ultimi decenni?

Per piacere, come detto, niente alibi, niente dibattiti da “intellighentia” saputella e salariata, niente ricerca di responsabilità: noi tutti siamo responsabili. Osserviamo che manca la spinta propulsiva delle nuove generazioni, manca la cultura e il rinnovamento, manca l’energia entusiastica e ormonale del domani.

Siamo invischiati in una politica di relazione, impotente oltre che incapace; siamo schiavi di un gravosissimo debito pubblico alimentato da tanti rivoli dissipativi di corruttela e opportunismi; siamo succubi di una burocrazia asfissiante; siamo imbambolati da dibattiti senza capo nè coda su transgender, utero in affitto, parità di genere, diritti fasulli, etc; siamo incitati ad alimentare conflitti civili e sociali senza soluzione e senza fine; siamo incatenati al passato fatto di fascismi e comunismi.

Intanto, ci spogliano delle nostre ricchezze, delle nostre proprietà, dei nostri risparmi e, con essi, della nostra identità, dei nostri entusiasmi.

Abbiamo due alternative: la prima, rimanere passivi e succubi, il cui esito è chiaramente definito: la seconda, promuovere unità, compattezza, iniziativa, razionalità e logica, il cui esito è dare una pur labile probabilità all’inversione del percorso.

Antonio Vox