Formazione del capitale umano. Ok per nord e sud

Le attività imprenditoriali del Mezzogiorno e del Nord-est appaiono più sensibili alla formazione del personale (entrambi al 77%) rispetto al resto del Paese. Emerge da un’indagine del Centro Studi Tagliacarne condotto su un campione di 4.000 imprese tra i 5 e i 499 addetti del settore manifatturiero e dei servizi.

Un dato confortante che mostra che la classe imprenditoriale del sud sia resistentee reattiva alle esigenze del mercato. L’indagine evidenzia che  le piccole e medie aziende, che fino a qualche anno fa non ponevano al centro della loro progettualità la formazione del personale, hanno cambiato atteggiamento sui temi riguardanti  la crescita del capitale umano acquistando consapevolezza di quanto sia strategico per la produttività aziendale investire sulle competenze del personale.

In base ai dati dell’indagine risulta che, tra le diverse tipologie di investimenti formativi programmati dalle imprese entro il 2024, quelle più gettonate sono finalizzate a potenziare le competenze tecnico-professionali del personale, cosiddette up-skilling (96,9%). Seguono le attività di re-skilling, cioè a dire di formazione su nuove competenze tecnico-operative (81%), di intrapreneurship per aumentare la responsabilizzazione e la capacità di iniziativa, di innovazioni di processo e di prodotto (58,2%) e di formazione manageriale per lo sviluppo di nuovi modelli di business (47,1%). E proprio quest’ultima tipologia formativa sembra avere un maggiore impatto sulle aspettative di crescita delle aziende: il 31,8% delle imprese che fanno formazione manageriale prevede di superare i livelli pre-Covid nel 2023, contro il 22,2% di chi non la sceglie.

 Un ruolo fondamentale è chiamato a svolgere il PNRR in quanto, proprio grazie al PNRR, 1 impresa su 3 che investirà in formazione lo farà per la prima volta.

Antonella Cirese