Il passato eternamente presente

Reliquie di un passato che si rivela essenziale per confrontarci con il nostro tempo, con una società in cui valori idealistici e relative certezze sono in crisi. Scoprire il passato è aprire orizzonti sul futuro e l’archeologia ne è il passe-partout.

È di un paio di settimane fa la notizia di un nuovo ritrovamento archeologico in Egitto nella necropoli di Saqqara, la necropoli della capitale dell’antico Egitto Menfi, a 30 km a sud della attuale capitale Il Cairo, che stando alla tradizione egizia fu fondata nel 3000 a.C. dal re Menes, il primo faraone dell’Egitto unito.

Gli archeologi del Museo Egizio, del Ministero delle Antichità Egiziane e del Museo Nazionale di Antichità di Leiden in Olanda hanno rinvenuto i resti della tomba di Panehsy, il responsabile del tempio dedicato al dio Amon, che risale al primo periodo Ramesside (1250 a.C.). Sono state riportate alla luce anche alcune cappelle funerarie.

Come ha riportato il comunicato dell’Ufficio Stampa del Museo Egizio, “la tomba di Panehsy ha la forma di un tempio, con un ingresso monumentale e una corte con portico colonnato al cui centro c’è un pozzo che dà accesso alle camere sepolcrali ipogee. Sul lato ovest la corte è chiusa da tre cappelle. Il complesso funerario di forma rettangolare, di 13,4 metri per 8,2 metri, confina a sud con la celebre tomba di Maya, alto funzionario, responsabile del tesoro del faraone Tutankhamun. I muri di mattoni crudi della struttura superiore della tomba di Paneshy sono ancora in piedi e raggiungono un’altezza di un metro e mezzo e sono decorati da ortostati, lastre di rivestimento in pietra calcarea, che mostrano rilievi colorati in cui si distinguono il proprietario della tomba Panehsy e sua moglie Baia, cantante di Amon, e diversi sacerdoti e portatori di offerte”.

È di un paio di giorni fa, invece, la notizia relativa alla scoperta di due ghenizot – locali nei quali vengono depositati libri, testi sacri o altri oggetti del culto ebraico che sono diventati inutilizzabili – ad opera di un gruppo di ricercatori israeliani e marocchini all’interno di due sinagoghe abbandonate della comunità ebraica berbera, nel deserto del Sahara, in Marocco

I predoni di antichità avevano già saccheggiato l’ex casa di preghiera, cercando oggetti di valore e disseminando testi sacri ebraici che erano stati sepolti nella ghenizah.

Grazie agli accordi di Abramo e alla normalizzazione dei rapporti tra Israele e Marocco è stato possibile per i ricercatori israeliani formalizzare legami di collaborazione con esperti marocchini al fine di indagare sui resti della locale comunità ebraica.

Le ghenizot hanno portato a una serie di scoperte interessanti, incluso il fatto che entrambi i villaggi erano probabilmente laboratori per scrivere ogni sorta di incantesimi magici e cabalistici per proteggere le donne durante il parto, i bambini o gli anziani; esse sono un tesoro di informazioni sui legami sociali e le tradizioni uniche tra gli ebrei marocchini, che riponevano grande fiducia negli incantesimi cabalistici.

Ciro Troiano