La banda del siluro

È scattata alle prime ore del mattino del 17 maggio, nelle province di Novara, Varese e Venezia, la seconda parte dell’operazione “Controcorrente” dei militari del nucleo carabinieri CITES di Torino finalizzata al contrasto del bracconaggio ittico. L’esecuzione delle attività ha visto la collaborazione di oltre 70 militari dei gruppi Carabinieri forestali di Torino, Novara e Rovigo dislocati sui vari obiettivi, ove sono state eseguite le misure cautelari e le attività di perquisizione e sequestro.

L’operazione ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare personale e al decreto di sequestro di un’ingente cifra di denaro e di un immobile. I provvedimenti sono stati emessi, su richiesta della Procura della Repubblica di Novara, dal G.I.P. del Tribunale di Novara, nei confronti di 7 cittadini rumeni e di un italiano, tutti indagati per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati connessi al bracconaggio ittico nelle acque interne. Tra i reati contestati l’uccisione di animali, la frode nell’esercizio del commercio, la frode alimentare, il commercio di sostanze alimentari nocive la distruzione di habitat di aree protette e, per due degli indagati, l’autoriciclaggio.

Una custodia in carcere, sei arresti domiciliari, un obbligo di dimora, il sequestro di conti correnti, immobili e auto per un valore complessivo di oltre 218.000 euro, profitto illecitamente percepito, frutto dell’attività di bracconaggio ittico: queste le misure emesse dal G.I.P.

L’indagine denominata “Controcorrente parte 2^” è il risultato di un’articolata e complessa attività investigativa condotta dal Nucleo CITES dei Carabinieri forestali di Torino, che ha consentito di documentare numerosi episodi di bracconaggio ittico posti in essere dagli indagati nelle acque interne di diverse province tra Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, anche in aree soggette a particolare protezione, utilizzando mezzi e attrezzature vietate che consentivano giornalmente la cattura di ingenti quantitativi di pesce. I pesci rubati al loro ambiente naturale venivano poi commercializzati, senza controllo sanitario e conservati al di fuori di basilari regole igieniche, attraverso falsa documentazione che ne attestava una provenienza lecita, vendendoli a ditte specializzate dell’est Europa e a diversi mercati nazionali.

È stato accertato anche l’uso di elettro storditori come mezzo di pesca illegale, cosa che, oltre procurare dolore e sevizie agli animali, è altamente dannosa per l’ambiente poiché causa la distruzione degli ecosistemi acquatici.

Il bracconaggio ittico nelle acque interne rappresenta un fenomeno criminale sempre più esteso e che crea allarme e preoccupazione. In alcune regioni del Nord i fiumi sono invasi da bande di predatori umani: pescatori di frodo, quasi tutti stranieri dell’Est Europa, che fanno vere e proprie razzie. Non ho remore a definire questi gruppi “zoomafiosi” poiché presentano tutte le caratteristiche delle strutture criminali. Si tratta di sodalizi organizzati, con vertici, mezzi e strumenti operativi, che hanno la capacità di avere rapporti con apparati collusi, e manifestano un forte potenziale intimidatorio. È nota, ad esempio, la rappresentazione che questi soggetti danno di loro stessi, con foto ed immagini, di una forza ostentata, di un atteggiamento spavaldo e minaccioso. Sono gruppi di persone che si mettono insieme per commettere crimini contro la fauna ittica e l’ambiente, con l’unico scopo, evidentemente, di fare soldi. Il loro potenziale criminale è molto elevato.

Ogni modifica della normativa di settore dovrebbe tenere presente questa particolare situazione di illegalità. L’attuale legge appare non adeguata a contrastare in modo efficace questo fenomeno criminale e a volte diventa farraginosa soprattutto per gli aspetti sanzionatori o collegati all’applicazione di sanzioni accessorie come la confisca.

 

Ciro Troiano