Zoomafia: storia di una parola
E chi se lo aspettava quando, nella seconda metà degli anni Novanta, coniai la parola e il concetto di zoomafia. Chi si aspettava che un giorno una Commissione parlamentare d’inchiesta avrebbe avuto l’incarico di indagare sul fenomeno.
È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale (GU n.115 del 18-5-2023) la Legge 10 maggio 2023, n. 53 “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali e agroalimentari” che affida alla Commissione, tra i compiti, anche di “indagare sulle attività illecite legate al fenomeno delle cosiddette «zoomafie» e verificare la corretta applicazione del titolo IX-bis del libro secondo del codice penale”. L’emendamento fu approvato su proposta dell’onorevole Angelo Bonelli (Verdi).
Non possiamo che definirlo un provvedimento storico: per la prima volta una Commissione parlamentare, che ha gli stessi poteri di indagine propri dell’autorità giudiziaria, indagherà sulla zoomafia e sulle attività illecite a danno di animali.
Un’azione di cultura si può definire positiva e riuscita se è capace di far breccia nel costume e nelle condotte culturali. Grazie al nostro lavoro, la parola “zoomafia”, quindici anni fa, ha fatto capolino nel dizionario della lingua italiana. Infatti, nell’edizione del 2008 del vocabolario italiano della Zanichelli, lo Zingarelli, compare per la prima volta la parola “zoomafia”: “settore della mafia che gestisce attività illegali legate al traffico o allo sfruttamento degli animali”. “Il Grande Italiano” di Aldo Gabrielli, invece, dava questa definizione di zoomafia: “Organizzazione criminale che trae profitto dal controllo di attività illegali che hanno al centro gli animali, quali corse clandestine, traffico di specie esotiche e sim.”.
Ma il varo del lemma zoomafia risale al 1996, quando lo coniai per indicare “lo sfruttamento degli animali per ragioni economiche, di controllo sociale, di dominio territoriale, da parte di persone, singole o associate, appartenenti a cosche mafiose o a clan camorristici”.
Nel 1999 fondai l’Osservatorio Nazionale Zoomafia della LAV, una struttura unica nel suo genere finalizzata all’analisi dello sfruttamento degli animali da parte delle organizzazioni criminali. I motivi che determinarono la nascita dell’Osservatorio erano diversi. Innanzitutto, vi era l’esigenza sempre crescente di analizzare e studiare in modo sistematico un fenomeno sconosciuto e tentare di individuarne i possibili sviluppi. In secondo luogo, l’analisi sociologica e criminologica si era soffermata sui crimini ambientali, ma solo parzialmente e incidentalmente aveva posto la sua attenzione sui reati contro gli animali. Alcune forme zoocriminali, come i combattimenti tra cani, suscitavano interesse mediatico, ma la conoscenza del fenomeno era meramente giornalistica.
Un primo approccio sistematico lo abbozzai in uno scritto risalente al mese di gennaio 1998 dal titolo “Zoomafia – Il ruolo della mafia e della camorra nello sfruttamento degli animali”. Per la prima volta venivano analizzati i combattimenti tra cani, il traffico di fauna selvatica, il bracconaggio nelle riserve della camorra. Si trattava di una dispensa della Lipu, in “edizione limitata per i delegati XXXIII Assemblea Nazionale Lipu”.
Tale scritto fu poi ripreso integralmente dal “Rapporto Ecomafia 1998” di Legambiente e così nacque la locuzione “Racket degli animali”.
Quando, nel 1999, le attività dell’Osservatorio iniziarono, la realtà zoocriminale era molto diversa da quella odierna. I combattimenti tra cani e le altre attività illecite a essi connesse rappresentavano la vera emergenza, mentre altri filoni non erano ancora presi in esame. Il “Dossier Zoomafia 1999” della LAV, infatti, poneva la sua attenzione solo sui combattimenti (“Pit bull non solo lotte”, “Attività del numero SOS Combattimenti della LAV”, “La mappa dei combattimenti”) sui canili (“Il business dei canili abusivi”), sul commercio di fauna (“Traffico di fauna selvatica”, “I mercati di fauna selvatica: La Marinella di Napoli”, “Il giro d’affari”, “Le responsabilità”, “Palermo: il mercato Ballarò”), sulla fauna esotica (“Gli animali esotici”), sul bracconaggio (“I laghetti per il bracconaggio”), sui cavalli (“Cavalli e ippodromi dei boss”, “Cavalli rubati e uccisi”).
Nel corso degli anni, grazie al nostro lavoro, anche altri filoni della zoomafia come la “Cupola del bestiame”, la macellazione clandestina, l’abigeato, la pesca di frodo organizzata, il traffico di cuccioli, l’uso di animali a scopo intimidatorio, la “zoocriminalità minorile” (altra nostra locuzione che ha avuto fortuna), sono stati conosciuti e “attenzionati” anche in sede giudiziaria.
Ma in definitiva, cosa intendiamo con la parola zoomafia? Nel creare questo lemma intendevamo significare “lo sfruttamento degli animali per ragioni economiche, di controllo sociale, di dominio territoriale, da parte di persone, singole o associate, appartenenti a cosche mafiose o a clan camorristici. Con questo neologismo, però, indichiamo anche la nascita e lo sviluppo di un mondo delinquenziale diverso, ma parallelo e contiguo a quello mafioso, di una nuova forma di criminalità, che pur gravitando nell’universo mafioso e sviluppandosi dallo stesso humus socio-culturale, trova come motivo di nascita, aggregazione e crescita l’uso di animali per attività economico-criminali”, questa la nostra definizione.
Fin dall’inizio, però abbiamo specificato, per evitare facili strumentalizzazioni e critiche detrattorie, che “quando parliamo di zoomafia non intendiamo la presenza o la regia di Cosa nostra dietro gli scenari descritti, piuttosto ci riferiamo ad atteggiamenti mafiosi, a condotte criminali che nascono dallo stesso background ideologico, dalla stessa visione violenta e prevaricatrice della vita”.
I traffici legati allo sfruttamento degli animali, come denunciamo da un quarto di secolo ormai, rappresentano un’importante fonte di guadagno per i vari gruppi criminali che manifestano una spiccata capacità di trarre vantaggio da qualsiasi trasformazione del territorio e di guadagnare il massimo rischiando poco. Le varie indagini svolte nel corso degli anni nel nostro Paese hanno fatto emergere una realtà zoomafiosa, composita, articolata, con capacità di tessere rapporti collusivi con apparati della pubblica amministrazione. Si tratta di gruppi molto dinamici sotto il profilo economico, che fanno uso di modalità operative particolarmente sofisticate, diramati su tutto il territorio nazionale e con intrecci internazionali.
Il concetto moderno di cultura può essere inteso come quel bagaglio di conoscenze ritenute fondamentali e che vengono trasmesse di generazione in generazione. Arricchire la lingua di un paese con una nuova parola significa aprire nuovi orizzonti concettuali. Motivo di orgoglio personale e professionale al quale si aggiunge, ora, quello per la Commissione parlamentare d’inchiesta.
Ciro Troiano