Questi o quelli per me pari sono

L’Italia che corre felice verso la sua dissoluzione partecipa emotivamente, cantando vittoria o versando lacrime, per i risultati di una consultazione elettorale che di veramente importante ha dimostrato soltanto che la percentuale degli astensionisti aumenta visibilmente a ogni tornata di votazione, rendendo chiara la disapprovazione della gente per l’operato sia del governo sia dell’opposizione.

Una maggioranza che è tale solo per la truffa del Rosatellum (del tutto analoga al Porcellum di Calderoli, vero primatista di “porcate”) quando l’elettorato votante diminuisce, a dispetto dei proclami di vittoria, si assottiglia.

 

La gente nega il suo consenso a tutta la classe politica nel suo complesso. Le ragioni dello “scontento” sono molteplici: Ve n’è una, però, che è taciuta.

La classe politica del Paese è tutt’intera incapace di liberare gli Italiani dalle catene che li tengono avvinti, in maniera suicida, agli interessi degli Anglo-Americani.

Ciò avviene soprattutto attraverso le strutture asfittiche dell’Unione Europea (con i suoi trattati di Maastricht e dell’Euro) e della NATO (ancora improntata alle dure clausole del Trattato di pace che chiuse, “vergognosamente”, secondo Vittorio Emanuele Orlando, la nostra era di libertà, di autonomia e di indipendenza da altri Stati.

 

C’è poi un paradosso. I vincitori della seconda guerra mondiale, artefici della nostra sconfitta, hanno visto accrescere (e non diminuire, com’era nella logica delle cose) il loro potere nei nostri confronti. Con il passare degli anni, la nostra autonomia è andata, quasi totalmente, in fumo.

E ciò grazie a un’abile “manipolazione” che si è andata sviluppando nel tempo per la furbizia politica dei nostri ex “invasori-liberatori”.

In primis gli uomini dell’antifascismo e della cosiddetta “resistenza”, furono convinti a divenire autori di una Costituzione che definire “pessima” è poco; e poi con l’acquisizione anche del consenso fascista, attraverso l’opera di Zelensky e di Giorgia Meloni.

Seguiamone le tappe tutte contrassegnate dalla “doppiezza” delle motivazioni: in apparenza “nobili” e “democratiche”; nelle sostanza ingannatrici e perverse.

 

1) Con la conclamata, illimitata, assoluta, esaltata e magnificata “indipendenza” della magistratura si è resa, in buona sostanza, del tutto inarrestabile “la marcia trionfale” dell’uso politico della giustizia, tipica invenzione anglosassone ampiamente sperimentata negli Stati Uniti d’America e nel Regno Unito di Gran Bretagna.

 

Essa ha consentito di eliminare dalla scena politica italiana chiunque non risultasse gradito agli “Alleati”della seconda guerra mondiale (De Gasperi e Piccioni, con il “caso Montesi”; Bettino Craxi e altri con “Tangentopoli” e “Mani Pulite”; Andreotti con i processi siciliani). (L’impunità garantita ad agenti segreti e a “brigatisti di diverso colore” attraverso artifizi vari tra i quali la difficoltà di indagare e la negazione dell’estradizione da parte della Francia, altra potenza “vincitrice(!) dell’ultima guerra, è stata l’extrema ratio cui si è dovuto ricorrere per eliminare dalla scena politica italiana e mondiale Enrico Mattei e Aldo Moro).

 

2) Con il sistema fiscale ispirato alla progressività delle aliquote si sono resi praticamente impossibili la crescita produttiva e lo sviluppo economico del Paese.  Quando le potenze vincitrici si erano rese conto che, nonostante le clausole del Trattato di pace, l’Italia aveva avuto un “boom economico” di straordinaria portata, capirono che ciò era stato dovuto all’inesistenza di un efficace, repressivo sistema fiscale.

 

Era stata, allora, l’opera del democristiano Ezio Vanoni a impedire che il fenomeno potesse ripetersi. Certo Milton Friedman aveva tratto insegnamento dal “miracolo italiano” per inventare, tempo dopo, la sua “flat-tax”, ma il nostro sistema di aliquote ispirato alla progressività ne avrebbe sempre impedito l’applicazione in Italia.

 

3) Con l’articolo 33 della Costituzione, con l’istituzione di “diplomifici” a pagamento, concessa a preti e speculatori privati (con lo slogan “Tutti promossi a fine anno”) si è colpita al cuore la già “semiconfessionale” cultura italiana e una classe politica ignorante e sgangherata è giunta al governo del Paese.

 

Naturalmente pronubi e mezzani sono stati anche l’uso politico della giustizia con avvisi di garanzia emessi da pubblici accusatori (che si sono dimostrati capaci, persino, di disporre indagini per l’uccisione di un orso attribuita ad un altro esemplare di quella razza) nei confronti di personalità politiche eminenti e scomode  e l’invenzione di “porcate elettorali” sempre più ignominiose, idonee per portare il Paese alle nefaste conseguenze della legge che portò Mussolini al potere.

 

4) Con l’aiuto di Marcinkus, di Woytila (Santo subito!) e dei servizi segreti di mezzo mondo (compreso il KGB), gli Anglo-americani hanno reso possibile il crollo dell’Unione Sovietica e l’acquisizione alla causa atlantica dei comunisti duri e puri (non più Togliattiani né Berlingueriani, ma dominati dai “miglioristi”). Ciliegina sulla torta anche il post nazi-fascismo è divenuto, misteriosamente, “atlantista ed europeista” ad oltranza: “senza se e senza ma”.

 

Conclusione amara: la vera e definitiva sconfitta dell’Italia post-mussoliniana è avvenuta a ottanta anni circa dalla sottoscrizione della “resa incondizionata”.  E’ oggi, infatti, che il Paese è veramente con le ossa rotte.

 

Esso, per giunta, si sta indebitando ulteriormente secondo le ben congegnate regole del PNRR, che non sono dirette ad accrescere la produzione italiana ma a consentirci di acquistare prodotti dell’industria statunitense.

 

In tanto marasma, non v’è un solo uomo politico, di destra, di centro o di sinistra, a cui votarsi non tanto per arrestare il processo in atto quanto per poter parlare, senza ipocrisie, delle cause dell’inarrestabile declino del Paese.

 

Discussione necessaria se si considera che gli Italiani hanno persino dimenticato quali idee li condussero a una sconfitta così dura e sembrano pronti a ripetere gli stessi errori di molti decenni fa in nuove guerre.

 

Luigi Mazzella