No profit: la crisi del volontariato
Il no profit vive una contraddizione. In base al censimento Istat gli enti del terzo settore aumentano arrivando circa a 363 mila ma il numero dei volontari diminuisce in un rapporto uomini-donne di 6 a 4 – è calato del 15% rispetto alla rilevazione Istat del 2015, tranne nelle regioni del Sud.
L’indagine Istat evidenzia che, nel 2021, le istituzioni no profit italiane hanno registrato un notevole calo del numero dei volontari, ma hanno anche creato reti significative con diversi soggetti e utilizzato tecnologie digitali come la connessione internet.
In base al censimento – che è stato svolto nel periodo della pandemia – si assiste ad una crisi quantitativa del volontariato che in realtà era iniziato anche prima del periodo pandemico.
Le cause della crisi del volontariato, che però viene arginata nei momenti di emergenza come nel caso dell’alluvione dell’Emila Romagna, che ha visto mobilitarsi giovani volontari da nord a sud del paese, sono da ricercarsi nella mancanza del ricambio generazionale, il lavoro precario, l’eccessiva burocrazia che rende “pesante” svolgere il ruolo del volontario.
La fotografia scattata dall’Istat spinge a dare più centralità ai Centri di servizio per il volontariato in modo che sempre di più sostengano le organizzazioni del terzo settore nell’affrontare i maggiori adempimenti burocratici e amministrativi e, nello stesso tempo, è necessario che Istituzioni e scuole educhino i giovani fin dall’età scolare al valore sociale del volontariato che è pari ad un lavoro non retribuito ma fondamentale per il bene comune.
La cultura del volontariato e l’importanza del Terzo settore vanno diffuse in modo che davvero diventino colonne portanti della comunità civile.
Antonella Cirese