Femminismo e pornografia: un binomio possibile?
Femminismo come ideologia dalla parte dei deboli. Pornografia come cultura della subordinazione.
Si pensa al femminismo come legato al sesso biologico. Così non è. Come spiega Maura Gancitano – filosofa scrittrice e fondatrice di Tlon con Andrea Colamedici – “il femminismo non è il contrario di maschilismo. Ha a che fare con la parità dei diritti. Parte dall’osservazione della condizione sociale politica ed economica che è prevalentemente a favore dei maschi bianchi eterosessuali e cerca di affermare il diritto della donna di avere le stesse condizioni sociali. Il nemico non è il maschio. È un modello culturale patriarcale che ti porta a dare un privilegio a una tipologia di persona e quindi discriminare tutte le altre. Per il femminismo gli esseri umani sono tutti uguali”.
Partendo da questo assunto, come si colloca la cultura della pornografia? Recentemente si sta promuovendo la diffusione della cosiddetta pornografia egualitaria. Alla base di queste produzioni c’è l’intenzione di ‘rovesciare le dinamiche del potere, i ruoli di genere e le dicotomie tradizionali che sono alla base del patriarcato’ – [Hate speech: il lato oscuro del linguaggio – Claudia Bianchi]. Ecco che l’industria pornografica tenta di diventare strumento per affermare il diritto delle donne di avere potere sul proprio corpo. Il diritto delle donne di fare le cose con le proprie parole.
Ma, se la pornografia è cultura della subordinazione e della misoginia, resta difficile accostare due concetti che sembrano così in contrapposizione.
Parla di arte pornografica Hans Maes, docente di filosofia presso l’Università del Kent. Egli introduce ad un dibattito più ampio: “Chi dice che la pornografia non può essere arte?”
Se l’arte rivela nascondendo mentre la pornografia nasconde rivelando, appare netta la distanza tra arte e pornografia. È la pornografia femminista che prova a delineare i confini dell’etica. Dell’arte. Con l’obiettivo di veder riconosciute ‘le identità multiformi e fluide degli individui’. Con l’obiettivo di sgretolare il muro di credenze. Di convinzioni patriarcali. Che avvalorano le tesi delle disuguaglianze.
La pornificazione della società non è da indagare nei contenuti meramente e sessualmente espliciti.
Va cambiato l’assetto mentale. I bias a causa dei quali anche il David di Donatello viene accusato di essere pornografico.
E, sì. Il binomio è possibile. A patto che chiunque sia libero dai condizionamenti. Libero da catene invisibili. Da spezzare solo con l’agire comune.
Lucia Ricchitelli