A chi nuoce il marasma che pervade la vita in Occidente
Chiedendosi a chi giovi “la società dell’allarme permanente”, Alessandro Campi su “Il Messaggero” enumera puntigliosamente le fonti (giornali quotidiani, interventi sui social, informazioni della radiotelevisione, allarmi del mondo politico e intellettuale) dell’ansia che ritiene “indotta” nei cittadini (a suo giudizio, sembra, non solo dell’Occidente), ma il suo articolo come la Sirena oraziana (formosa superne) desinet in piscem. Alla sua domanda iniziale, infatti, Campi non dà alcuna risposta univoca e convincente: non afferma (e sarebbe difficile farlo) che il declino Occidente è desiderato e promosso con interventi subdoli e sotterranei dalla restante parte del Pianeta (i due terzi) che ne subisce da due millenni l’egemonia (anche piuttosto pesante) ma che dà prova di filosofica pacatezza, nella sua parte asiatica, e di dolente rassegnazione, in quella africana.
Il finale dell’articolo si disperde, come suol dirsi, in mille rivoli, ed enumera in un elenco i possibili beneficiari di un tale stato d’animo collettivo prossimo (solo?) all’angoscia: giornali e televisioni per allargare le vendite e creare audience(ma egli stesso aggiunge: senza grandi risultati); uomini politici per bastonare gli avversari; intellettuali per risvegliare le coscienze; imprenditori dell’industria ecologica (che è soprattutto americana) per sfruttare l’eco-ansia; preti e sacerdoti che, come sedicenti intermediari della divinità, si avvantaggiano da millenni dal “memento mori”.
Conscio dei limiti del suo mestiere, su cui nell’ultima parte dell’articolo egli sembra concentrarsi, Campi conclude che le modalità scelte (evidentemente, dai giornalisti) per raccontare e rappresentare la condizione umana odierna difficilmente cambieranno le cose nel futuro.
Sin qui l’articolo.
Sulla tesi dell’inutilità di ogni sforzo dei giornalisti sono perfettamente d’accordo. Nè accentuerei la loro capacità descrittiva degli stravolgimenti determinatisi in (poco) oltre due millenni. Sono state le piattaforme digitali e le loro programmazioni in streaming di film e serial che, libere da (impossibili, perché irrealizzabili) condizionamenti di censura ci hanno dato un quadro terrificante della nostra realtà quotidiana.
Grazie a esse abbiamo capito:
a) la falsità di pensare di vivere in democrazia, quando i governanti prescelti (si fa per dire) dal popolo sono condannati all’impotenza operativa per il superiore potere di spie e generali delle varie “intelligence” di “bloccarli” o sono allontanati dal potere da un ben calcolato uso politico della giustizia;
b) l’inutilità degli stentorei proclami contro la droga quando il suo traffico dai Paesi produttori, come ci ha rivelato un film in streaming, è protetto dai servizi segreti, al fine di procurarsi fonti alternative di sostegno finanziario, maggiori di quelle date dalla autorità costituite;
c) la strumentalità delle condanne da parte delle pubbliche Istituzioni degli uomini di scienza che, contrastando le previsioni di mestieranti metereologi (peraltro, in posseso di dati solo a partire da due secoli), sostengono che i cambiamenti climatici, come hanno sempre affermato i geologi, sulla scorta di scavi ad hoc, non dipendono da (minuscole, se rapportate al Cosmo) emissioni di CO2 ma da ben altro (un anno orribile, imparagonabile ai cataclismi odierni ci fu ai tempi di Giustiniano, senza ciminiere e senza fumi).
Il compito di prospettare soluzione al marasma “occidentale” (è il caso di insistere sempre sulla localizzazione del fenomeno con molta evidenza) è dei filosofi, degli storici e non dei sociologi (amanti, come diceva Giuseppe Marotta, di “palline colorate” per le loro definizioni della realtà) e dei cronisti.
Il disagio degli abitanti di questa parte di mondo è di antica data.
Baruch Spinosa aveva individuato in Mosé, Cristo e Maometto (id estnei rappresentanti dei tre monoteismi mediorientali) l’origine dell’angosciante malessere umano, con il terrore indotto dell’al di là, delle punizioni divine, e con la conseguente ipocrisia dei comportamenti.
Secoli dopo Albert Einstein, più cripticamente, ha avvertito gli esseri umani che è del tutto inutile sperare di cambiare il mondo se non ci si impegna a mutare la mentalità che l’ha creato in tal modo.
E’ da questi due Maestri che bisogna partire; non senza avere prima precisato che ai “tre impostori e malfattori dell’umanità” individuati da Baruch Spinosa tra i religiosi vanno aggiunti (questa volta tra i filosofi) Platone, Hegel e i seguaci di quest’ultimo (cosiddetti “di destra e di sinistra”) che hanno dato veste di “pseudo-pensiero” alle fantasie religiose.
Il nazi-fascismo ha corroborato il sogno ebraico del popolo eletto da Dio trasferendolo ai Tedeschi (Gott mit uns); il social comunismo quello cristiano dell’uguaglianza di tutti gli abitanti del Pianeta.
Un cocktail micidiale di assolutismi, irrazionali nelle loro utopie irrealizzabili, intolleranti, astratti, nemici della concretezza empirica e sperimentale; un miscuglio di follie (assimilato nel profondo delle coscienze) impedisce all’Occidente di perseguire la ragione in luogo di passionalità emotive portatrici di guerre e di avversioni umane molto profonde.
La domanda che Campi si pone a chi giovi tutto ciò ha una sola risposta: a nessuno, perché può solo dirsi che esso nuoccia profondamente all’Uomo Occidentale. E già tale risposta non è di poco conto.
Luigi Mazzella