Passivi fino alla morte
Conoscere bene i comportamenti di un essere umano, significa poter prevedere le sue reazioni, condividerle o contestarle, ma anche controllarle, manipolarle, plagiarle. Compito dei ricercatori infatti, soprattutto di coloro che studiano il cervello, è quello di comprendere le funzioni di ogni singolo organo e quanti fra essi partecipano alle dinamiche comportamentali dell’essere umano. La sede delle emozioni così come quella delle paure, attraverso studi compiuti con la risonanza magnetica funzionale, sono state in buona parte localizzate, assieme alle strutture cerebrali, deputate alla produzione di ormoni.
Le decisioni assunte però dall’uomo, in circostanze diverse, pur condizionate dalle attività esercitate da ormoni, dalle emozioni e da quelle più statiche, fornite dalla esperienza, non sempre sono di facile interpretazione. L’essere umano, se aggredito, scappa o si nasconde, oppure affronta l’aggressore; se in pericolo di morte, cerca rifugio in un posto sicuro, oppure se può, invoca aiuto o fa entrambe le cose. Non poche volte rimane immobile, impietrito dalla paura. Niente di quanto descritto è stato documentato nelle reazioni osservate studiando il comportamento della nostra popolazione, alle prese con un cambiamento delle regole sociali e del vivere civile, totalmente sotterrate dalla aggressiva imposizione dell’avversario. Un nemico dalle sembianze mal definite, ma con chiare e determinate iniziative che nessuno spazio lasciano al dubbio interpretativo sulle sue intenzioni.
Annientare l’uomo, ridurlo alla fame, sottometterlo, favorire la diminuzione della popolazione, stringere il recinto all’interno del quale potersi muovere Un recinto più grande di una stalla più piccolo della idea che lo rappresenta. Un inevitabile sunto interpretativo che viene confezionato dopo che sono passati alcuni anni dall’inizio dell’evento aggressivo, sulle reazioni che non ci sono state da parte di una popolazione statica. Chi si occupa degli studi di dinamiche sociali e antropologiche, sicuramente non è stato colto da alcuna sorpresa, ma il cittadino che ha distanziato la popolazione, stenta tuttora a comprendere quali siano i meccanismi che determinano una reazione inesistente o abortita sul nascere della gente. Un dato risulta certo: l’individualismo e l’egocentrismo, sono i peggiori nemici con cui doversi confrontare. Gli avversari conoscono bene le debolezze dell’uomo, sanno che l’essere umano non riuscirà mai a liberarsi di un condizionamento che lo ha sempre reso vulnerabile, per questo perdente.
Guidare le masse informi della popolazione, rese ignoranti e bisognose dalla schiera di aggressori, prevede la dominanza esercitata da colui che riesce a vincere le diffidenze, imporre la propria personalità, aiutato spesse volte dalla complicità del denaro. Una non spontanea ribellione confezionata con gli stessi ingredienti con cui è fatta la matrice che si vuole combattere. Questa convinzione rende gli uomini rassegnati? Questa adinamia consente ai pochi di comandare una massa di tanti? Come se quattro militari armati controllassero migliaia di prigionieri mentre li conducono verso la morte. Pur consapevoli di dover morire, nessuno di essi osa mettere a rischio la propria vita, aggredendo i militari e tentando di salvare tutti gli altri. Servono molti più cittadini che rifiutano accordi, o molto più popolo che sceglie di diventare cittadino? Oppure servono entrambi i cambiamenti? Intanto il nemico, artefice della manipolazione delle masse, sostenuto dai corrotti e alimentato dai collusi, gongola. Mentre il popolo, palesemente preso in giro, continua impassibile a stazionare nella palude dove è stato relegato.
Ugo Lombardi