Individualità, identità, uguaglianza…
Ferragosto, il frenetico periodo clou delle nostre vacanze estive è trascorso da quasi un mese. Ormai, la settimana ferragostana è del tutto paragonabile a quella natalizia: non se ne può più fare a meno, fa parte della nostra vita e della nostra cultura.
Chissà se c’è una ragione che spieghi questa evoluzione dei costumi che mischia il sacro del Natale e il profano del Ferragosto. Ma a questa cosa ci pensiamo in un altro momento perché, intanto, è in atto la transizione dagli usuali disastri estivi del meteo, al Nord, e dal “bollino rosso” nazionale al mitico “autunno caldo” del Paese.
Noi siamo qui, attenti a quello che succede, succubi del modo in cui ce lo propinano, pronti a sdegnarci nei social. Perché oltre lo sdegno, non c’è nulla.
Schlein dice che la “campagna estiva” è finita; ora comincia la “campagna invernale”. Attivismo frenetico quello della Schlein che vuol far fare a chi oggi è in sella, tutto quello che avrebbe dovuto fare prima il PD. Forse che la Schlein ce l’ha con Letta? Ma una cosa è certa: la Sinistra è più attiva quando sta all’opposizione; una volta riacquistata la sella, si addormenta, paga della fatica.
Conte è imbalsamato nel “reddito di cittadinanza” e nel “bonus 110” (E’ facile così, tutto costi a prestito!); non si da pace da quando è diventato politico e rimesta ostinato nell’acqua. Il governo continua per la sua strada, compatto, mentre semina in tutte le direzioni: apparentemente, con una strategia politica di lungo periodo.
Ci rimane solo da sperarlo, pur con diffidenza: Chissà. E noi? Noi, quelli che si trovano nella nostra attuale disagiata condizione socioeconomica per antiche e recenti demenziali scelte politiche?
Non vi pare un po’ irritante che la nostra vita e quella del Paese tutto, sia scandita da quattro signori della politica (più di quattro non sono rispetto ai 60 mln, sempre gli stessi!) e dai media?
In questa melassa sociopolitica, chi potrebbe pensare di interessarsi a vocaboli socio politici culturali come individualità, identità, uguaglianza et similia se non qualcuno che sia in transito verso la demenza senile e a cui viene spiegato che “non ci sono più i tempi di una volta”?
Poi, però, il pensiero che tutti siamo in transito ci conforta un pochino perché vuol dire che le dinamiche sociali ci appartengono. Ma perché ne parliamo, di questi vocaboli? Perché sono questioni di importanza fondamentale, senza le quali e senza la consapevolezza associata, rimarremo alla mercé della propaganda mediatica che fornisce, puntuale, l‘argomento di conversazione.
Inoltre, perché ci siamo accorti che la gente, direttamente o per media, parla tantissimo; o meglio si parla tantissimo addosso senza, in realtà, dire nulla e, soprattutto, senza capirsi.
Chi parla dovrebbe ben sapere cosa dice; senz’altro è così.
Ma non è detto che chi ascolta interpreti correttamente il pensiero di chi parla. Fin quando si tratta di futilità, nessun problema e il curiale e soffuso imborghesito bon ton è rispettato; ma, appena il tema si approfondisce, scatta il demone dell’equivoco e il bon ton lascia il posto allo scellerato personalismo per cui si finisce a giudicare e a sentenziare su persone piuttosto che a dibattere, costruttivamente, sul tema.
Un esempio? Quasi tutti oramai “schifano la politica”: lo si nota dalle dimensioni dell’astensionismo, che sarebbe meglio chiamare assenteismo, tanto da mettere in discussione la stessa democrazia.
Ma quello che si “schifa”, in verità, è tutto fuorché la “politica”.
Quando noi diciamo “politica”, intendiamo qualcosa di diverso dalla “politica”: intendiamo Etica. Infatti, la “politica” non è il teatrino berlusconiano ma il disegno prospettico della società e le iniziative per realizzare quel disegno. In questo caso, siamo costretti a dire “politica con la P maiuscola”.
E allora esiste la politica e la Politica. La confusione dei significati, agganciati dagli stessi lemmi, è massima. E si traduce in confusione sociale.
Serve fare un po’ di pulizia e ritornare al vocabolario altrimenti è molto facile che l’interlocutore non capisca quello si intende dire.
Questo non fa il gioco del cosiddetto “mainstream” la cui tecnica base è il favorire l’equivoco per generare conflitti sociali?
Di vocaboli che vengono usati “a rampazzo” ce ne sono una infinità. Qualche esempio? “Fascismo”, che non è più quello mussoliniano, è peggiore; “Sovranismo”, usato in negativo per dire che sei un “Nazionalista” (anche questo in negativo) non “Solidale” e non “Partigiano” (in positivo). Eccetera.
Una baraonda, nel terzo millennio, dove la gente, che è semplice, si ritrova a disagio e non sa più a quale santo votarsi. Un altro esempio è l’interpretazione di Individualità, Identità, Uguaglianza.
Soffermiamoci qui un attimo, per fare chiarezza, senza entrare in territori sociopolitici, filosofici, e letterari.
Nelle scienze matematiche Identità ed Uguaglianza sono intercambiabili. Due triangoli, se sono uguali, sono identici e viceversa. Qui si paragona l’idea di un triangolo che è l’astrazione di un triangolo fisico. Infatti, due distinti triangoli fisici, benché cloni perfetti, non potranno essere mai completamente uguali: ciascuno ha una propria individualità; ma le loro astrazioni sì che possono essere identiche e uguali.
Nei territori della colloquialità, i tre lemmi hanno precisi significati distinti fra loro. Noi intendiamo riferirci alla interpretazione di Bertrand Russell che, in una lezione pubblica di logica, sollecitato da un discente, rispose: “Io e il Papa siamo due; pertanto io e il Papa siamo uno”.
Cosa intendeva dire?
Due persone, due individualità: perché questa rende ciascuno di noi unici e la persona che siamo. Ma due persone, una identità: perché in essa, identificatrice di una comunità, si integra storia, usi, costumi, sistema valoriale, riti etc.
E per la uguaglianza? Beh, niente di più saggio che riferirsi alla Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America che recita “tutti gli uomini sono stati creati uguali”. Il significato è chiaro perché intende uguali “con gli stessi diritti e gli stessi doveri” indipendentemente da genere, colore, etnia, religione, …, e così via.
A che ci serve conoscere il significato di questi vocaboli ben poco usati? La risposta è semplice anche se non immediata ai tempi d’oggi.
E’ per disporre di un po’ di cultura e per non incorrere in ridicoli svarioni; per dare consistenza alle nostre tesi; per facilitare una comunicazione senza conflitti; per costruire la piattaforma per definire il vocabolo più importante di tutti: Libertà.
Benedetto Croce disse “la mia libertà finisce dove comincia la tua”.
Frase che, ripresa da Martin Luther King, induce una stupefacente armonia sociale nelle relazioni. Ma anche: “la libertà al singolare esiste solo nella libertà al plurale”. Se la comunità è libera, anch’io sono libero; se io sono libero la comunità è libera.
Libertà è il vocabolo potente di ogni comunità per il quale la tessa comunità è pronta a dare la vita.
Antonio Vox