Errare è umano. Chiedere scusa è nobile
Sbagliare è la cosa più facile che possa accadere ad una persona: distrazione, non conoscenza, superficialità, presunzione e così via sono le cause più frequenti per causare un errore. Si può, talvolta, rimediare e tale altra no. Si può chiedere scusa e, forse, perdono.
Tuttavia questa situazione – molto frequente nel popolo italico – non trova altrettanta sollecitudine nell’epilogo; voglio dire che, se si può sbagliare, la conseguenza è porre rimedio o, quantomeno, scusarsi.
Invece per l’Italiano medio, la parola “scusa” è utilizzata prevalentemente con l’accezione di giustificazione, non di ammissione dell’errore.
In tutti gli aspetti della nostra quotidianità siamo artefici o vittime di errori, nostri o altrui, ma l’ammissione di responsabilità non ci appartiene: se qualcosa è andato storto, la responsabilità è di un altro.
Se c’è il dissesto idrogeologico, la colpa è di chi non ha posto in essere gli studi ed i rimedi al momento in cui governava e poco conta se chi ha preceduto il governo in carica sia stato un mese o un anno e – precedentemente – ci fosse stata la medesima forza politica ora presente e che accampa scuse.
Se una squadra di uno sport qualsiasi manca la partita più importante, la responsabilità è degli arbitri o del campo o degli infortuni e quasi mai si ammette i limiti di quella squadra o le carenze di organico; prendiamo lo sport più diffuso, il calcio. Se la nazionale ha risultati scadenti, forse la responsabilità è di un sistema che non fa crescere i vivai delle giovanili con i ragazzi italiani e va a pescare improbabili star in altri campionati, impedendo ai talenti nostrani di emergere, mentre le squadre di club hanno sempre più stranieri e meno italiani.
Se le amministrazioni locali sono incapaci di gestire la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, la colpa è dei cittadini che rilasciano i rifiuti fuori dei cassonetti, non del fatto che i cassonetti non siano svuotati e, quindi, pieni.
Se ci sono le baby gang che usano violenza, la responsabilità è della scuola e non dei genitori incapaci di dare una qualsivoglia forma di educazione ed esercitare il controllo sui propri figli.
E così via, potremmo continuare per ore a fare esempi di questo genere.
In Paesi con una Cultura ed una Etica diversa dalla nostra, chi commette un errore (vieppiù se comporta conseguenze gravi) si dimette dal posto che occupa: dal leader di partito che perde le elezioni, al responsabile di una azienda che causa un disservizio pubblico o – addirittura – semplicemente non rispetta l’orario di consegna di un pacco.
Viceversa, questa etica nella nostra bella Italia non esiste e (forse) non è mai esistita, eppure siamo pronti a dare la croce addosso a chiunque quando accadono fatti gravi o luttuosi, senza mai renderci conto che la “politica delle giustificazioni” non porta da nessuna parte e la necessità di comprendere i reali motivi di un evento è funzionale ad evitare che quell’evento si ripeta.
Se cinque operai muoiono sul lavoro mentre riparano un tratto ferroviario, non può essere solo fatalità, ma mancanza di comunicazione nella catena di comando e mancanza di assunzione di responsabilità, indispensabile per evitare che il fatto possa ripetersi, anche con la rimozione di chi è al vertice di quella catena di comando ove non lo faccia spontaneamente.
Creiamo commissioni di inchiesta per non trovare il colpevole e ammantare di oblio i fatti più gravi avvenuti in Italia, salvo poi ricordarsi che – forse – quel fatto era stato causato da qualcuno, quel missile sparato da un aereo “amico”.
Gli altri Popoli non sono molto diversi da noi, ma hanno un approccio etico diverso e ciò non significa che siano migliori (la corruzione, ad esempio, esiste ovunque, ma non assurge a “stile di vita” come in Italia), il che vuol dire che possiamo ancora salvarci, possiamo recuperare le nostre radici che affondano nel Diritto Romano e nel Diritto Naturale, nel riconoscere i nostri limiti e le nostre debolezze, riscoprendo la capacità di assumerci le responsabilità, proprio per iniziare a lavorare per un Paese che merita più di quello che riusciamo a dargli.
Rocco Suma