Demolire la fiera del Levante. Ecco la trovata per coprire anni fallimentari

Tanti anni fa, all’indomani della Grande Guerra (era grande rispetto alle precedenti ma si rivelò la prima di un periodo ancora peggiore) si pensò di rilanciare l’economia italiana in molti modi; tra questi si decise di puntare sulle Fiere per consentire ai commerci di svilupparsi. La Puglia era ed è protesa verso l’oriente e quindi si costruì la Fiera del Levante che doveva essere una Fiera campionaria: cioè le imprese dovevano rappresentare i loro prodotti con dei campioni mentre il grosso di quello che si sarebbe venduto sarebbe stato inviato; contemporaneamente anche Milano ebbe la sua Fiera campionaria. Si fecero le cose al meglio di come si poteva immaginare all’epoca con treni che entravano nel quartiere fieristico, strade ampie per arrivarvi e la si inserì in una idea di città nuova ed ambiziosa.

Dopo la seconda guerra mondiale è stata utile per supportare la ricostruzione e il successivo miracolo economico italiano ma la sua missione di protrarsi verso il levante oltre Adriatico non fu mai onorata per ragioni geopolitiche. Mentre la Fiera di Milano cresceva quella di Bari arrancava; poi è venuta la seconda Repubblica del duo Prodi Berlusconi con il terzo incomodo Bossi cioè a trazione nordista e l’economia meridionale perse rapidamente terreno oltre a quello già perso in precedenza. Così la Fiera ha dovuto ospitare improbabili espositori come l’IRI, l’ENEL le Ferrovie, la Regione Puglia, qualche banca, la polizia, l’esercito, cioè si è persa totalmente la missione originaria e non essendoci sufficienti espositori per far quadrare il bilancio si cercava di corroborarlo con l’apporto di qualche aiutino degli amici. Si è tentato di tutto ma non se ne è mai cavato nulla. La gestione saldamente in mano della politica non ha e non può avere acume imprenditoriale e quindi spesso si è fatto ricorso ai “professori” universitari facendo ulteriori passi falsi e facendo fare pessime figure alle nostre Università.

La Fiera non riuscì ad essere rappresentativa della economia locale e al più cercava di sostenersi al fine di pagare gli stipendi ai numerosi dipendenti. Per ottenere questo obiettivo si è fatto di tutto… financo fittare gli spazi ormai vuoti ma come affittacamere gli enti pubblici non sono mai riusciti a brillare.

Poi è arrivato il Covid con i contributi statali generosissimi. Una vera manna piovuta dal cielo! Quei contributi vengono convogliati alla fiera per allestire un improbabile ospedale di emergenza e per pagare alla Fiera in deficit il fitto degli spazi occupati. Candidamente il Presidente Emiliano dichiara che quei fitti hanno permesso alla Fiera di non fallire e la continuazione del pagamento di quel canone di fitto (anche a pandemia finita e a locali svuotati) permette alla Fiera di sopravvivere. Quindi la Fiera senza sovvenzioni al limite del lecito è fallita. Ma non è questo un modo per distogliere fondi pubblici dalla loro destinazione ufficiale e legale per erogarli ad un Ente pubblico? Ma gli enti pubblici non erano stati aboliti dalla Comunità europea? Esiste una Corte che sia deputata a controllare la correttezza di queste iniziative? E la magistratura dov’è? Ma questa disinvoltura nel maneggiare i nostri soldi non preoccupa un po’ gli elettori?

Ma, quello che più conta: la Fiera delle imprese pugliesi e meridionali protesa ad oriente dov’è?

Stufi di questa infinita emergenza da qualche anno i politicanti nostrani si chiedono che cosa sta a fare questo quartiere che costa un fiume di soldi per ammodernare le strutture e non serve a nessuno se non a qualche commerciante delle cose più varie che finiscono con l’animare una specie di sagra paesana.

Così siamo ad oggi a risentire ipotesi radicali di demolizione della intera Fiera per far posto alla speculazione edilizia; cioè laddove i commercianti non ci riescono, ci riusciranno i palazzinari che già hanno grande dimestichezza nei rapporti con la politica locale. Magari visto che non è popolare che Bari perda questo ricordo degli anni che furono… di Fiera se ne fa un’altra in altro sito magari a spese del contribuente. Cosa peraltro già realizzata a Milano su scala ben maggiore e quindi perché non farla a Bari?

Dopo aver fallito con la Fiera “vecchia” si programma di spendere fiumi di soldi per fallire con una nuova? Se non hanno saputo gestire la vecchia, cosa fa credere che potrebbe funzionare quella nuova? Se le imprese locali (sempre più poche e più povere alle prese con le cartelle esattoriali da mane a sera) non hanno creduto al vecchio modello come mai dovrebbero credere al nuovo?

Si prospetta così una colata di cemento su larga scala ed una speculazione edilizia nella quale tutti trovano un proprio tornaconto. Quindi è facile che si farà.

Destra e sinistra stanno affinando gli argomenti per sostenere entrambe la stessa cosa; qualcuno dirà che la nuova va costruita a Nord mentre i loro avversari diranno che invece è meglio al Sud della città; i primi troveranno opportuno edificare palazzi di quindici piani; gli altri invece sosterranno che è meglio solo sette ma prevedere luoghi di incontro e di ristoro; ma una cosa è certa: la Fiera rimarrà nelle cartoline e nelle fotografie di un’altra epoca. D’altronde una città che distrugge periodicamente pezzi della sua cultura come il palazzo storico della Gazzetta del Mezzogiorno, più di metà del quadrilatero murattiano, numerosi pezzi della città medioevale, che ha incendiato l’unico teatro privato del Mediterraneo, figuriamoci se non trovi entusiasmante radere al suolo e divellere anche le fondamenta dell’attuale fiera… ignorando che è un pezzo insostituibile della identità barese; e perché si arriva a tanto? Per il fallimento delle numerose gestioni della Fiera; fallimento che ci è costato una fortuna; fallimento che è dovuto alla incapacità di interpretare appieno le esigenze della economia locale e il trend economico generale; fallimento che è la prova inconfutabile della necessità di cambiare le persone e le idee alla guida della città; e invece si arriva ad assecondare una ipotesi così dannosa per la nostra economia e le nostre imprese.

Ma come si pensa che il Sud possa riprendersi se i nostri politicanti credono che l’economia cresce spendendo e spandendo soldi magari facendo debiti e non premiando il merito e il lavoro? E se qualcuno con grande rischio e fatica riesce ad inventare un filone economico come quello della ospitalità verso gli stranieri immediatamente li si bersaglia inventandosi nuove tasse e nuovi adempimenti fiscali e burocratici anche per sostenere un ente Fiera che nessuno sa come gestire e che non dovrebbe neanche esistere.

Che futuro volete che si prepari? Faremo tutti i palazzinari facendo nuovi debiti da consegnare ai nostri figli… sempre che ce ne siano.

Canio Trione