Zes: tutto oro che luccica?

Le Zone Economiche Speciali (ZES) sono aree delimitate del territorio nazionale, individuate in prossimità di porti o infrastrutture logistiche, dove le imprese possono beneficiare di semplificazioni amministrative e agevolazioni fiscali per favorire lo sviluppo economico e occupazionale del Mezzogiorno. Le ZES sono state istituite con il decreto legge n. 91 del 2017 e regolamentate con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 12 del 2018. Attualmente sono operative otto ZES nelle regioni del Sud e delle Isole: Abruzzo, Adriatica interregionale Puglia-Molise, Calabria, Campania, Ionica interregionale Puglia-Basilicata, Sardegna, Sicilia Occidentale e Sicilia Orientale. Le ZES presentano alcune criticità che ne limitano l’efficacia e l’attrattività per gli investitori, tra cui:

• La frammentazione delle aree individuate, spesso non omogenee e non collegate tra loro da infrastrutture adeguate.

• La complessità delle procedure amministrative e la scarsa conoscenza delle norme agevolative da parte degli enti locali.

• La mancanza di una regia unica e di una visione strategica per il rilancio del Mezzogiorno.

Per superare queste criticità, il Governo ha presentato il 7 settembre 2023 il decreto legge recante le “disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione e per il rilancio dell’economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese”, che prevede la creazione di una ZES Unica per il Sud, con una governance centralizzata e una dotazione finanziaria di 10 miliardi di euro. Il decreto, che deve ancora essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale, intende anche prorogare i benefici fiscali fino al 2026 e ampliare le aree interessate dalle ZES, includendo anche quelle interne e montane. Inoltre, il decreto prevede la possibilità di utilizzare le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per finanziare progetti di sviluppo nelle ZES, in particolare nei settori della transizione ecologica e digitale.

Tuttavia, le ZES (o, meglio, le imprese agevolate dalle Zes) entrano in diretta concorrenza con le imprese già operanti sui territori, che non hanno beneficiato di alcunchè, anzi.

La questione della concorrenza tra le imprese locali e le ZES è molto complessa e non ha una risposta univoca. Alcuni aspetti da considerare sono:

• Le ZES hanno l’obiettivo di attrarre investimenti, innovazione e occupazione nelle aree del Mezzogiorno che presentano ritardi di sviluppo e di coesione. In questo senso, le ZES possono creare opportunità di crescita e di integrazione per le imprese locali, sia come fornitori che come partner delle imprese insediate nelle ZES.

• Le ZES offrono alle imprese che vi operano una serie di vantaggi fiscali e amministrativi, come il credito d’imposta per gli investimenti, l’autorizzazione unica per l’avvio delle attività, la possibilità di stipulare contratti di sviluppo con le amministrazioni locali. Questi incentivi possono creare una distorsione della concorrenza a favore delle imprese delle ZES, a scapito delle imprese locali che non ne beneficiano.

• Le ZES sono soggette al quadro normativo comunitario e alle esigenze di compatibilità con le regole sugli aiuti di Stato. Questo significa che le ZES devono rispettare i limiti imposti dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027, che stabilisce le intensità massime degli aiuti in base al livello di sviluppo delle regioni e dei settori. Inoltre, le ZES devono essere notificate alla Commissione Europea e ottenere il suo parere favorevole prima di essere operative.

In conclusione, le ZES possono rappresentare uno strumento utile per il rilancio del Mezzogiorno, ma devono essere accompagnate da altre misure di politica economica e territoriale, che garantiscano la parità di condizioni tra le imprese e la valorizzazione delle risorse locali.

Tutto questo al netto della centralizzazione del potere in mano ad un ristretto numero di soggetti lontani dagli ambiti territoriali, depotenziando le Province e, soprattutto, i Comuni, stracciando il dettato costituzionale sull’autonomia degli Enti Territoriali: in parole povere, la medicina è peggio della malattia.

Quindi, tutto da rifare? No certamente, ma va assolutamente ripensata l’interazione fra le realtà territoriali esistenti e quelle di nuovo insediamento tramite la ZES, proprio per evitare che aziende sopravvenute (specie dall’estero) finiscano per fagocitare chi, con sforzi e sacrifici, ha lottato contro la burocrazia imperante per poter creare e fare impresa al sud.

Rocco Suma