Una mega offerta speciale che rasenta il ridicolo

 La questione degli sconti sui prezzi dei beni del carrello della spesa concordati tra esecutivo e distributori ha dell’incredibile per non dire altro. I prezzi politici o la spesa proletaria sono sempre stati sogni delle sinistre; sogni che la destra -evidentemente ammirata da quella scuola- si affretta adesso a realizzare. Populismo? Un arrabattarsi senza una stella polare? Non vogliamo esprimerci ma certamente non è una soluzione di sistema. Certo l’inflazione va combattuta e subito; ma come? sembra che gli “esperti” del governo rispondano: basta calmierare i prezzi con un accordo con quei cattivoni dei mercanti e stiamo a posto. 

Ma chi paga? I commercianti ridurranno o azzereranno i loro profitti? È dura crederci e non serve a nessuno. Oppure penseranno di rifornirsi dai loro fornitori (magari piccole imprese e contadini) a prezzi più bassi trasferendo a loro il costo dei patti sottoscritti? Molto probabile. Oppure, ancora, introdurranno le casse automatiche o altra tecnologia per licenziare una bella porzione di dipendenti e ridurre così i costi scaricando questa volta sui lavoratori i nuovi mancati introiti? oppure devono sbolognare un po’ di merce che non si è riuscita a vendere nel recente passato a prezzi normali e quindi prima di buttarla si sono fatti un po’ di pubblicità gratuita per questa mega “offerta speciale”? oppure a Palazzo Chigi pensano veramente che i gestori della Grande Distribuzione ridurranno i loro profitti magari pensando di non restituire i prestiti ottenuti dalle banche? Ma l’interesse del governo è quello di ridurre i profitti di coloro che ancora pagano le tasse? È questa la loro ideologia? E in cosa si differenzia dalla sinistra?

 Cioè: se non si crea ricchezza qualcuno dovrà pagare. E siccome nulla si crea ma tutto si evolve e si trasforma sembra che nel governo manchino economisti che sappiano qualcosa di questa materia e in ispecie di questo specialissimo caso. In una economia “normale” l’aumento dei prezzi -qualunque ne sia la causa- induce i produttori ad aumentare le vendite e le produzioni per profittare dei rincari; così facendo si aumenta la occupazione, gli investimenti, il Pil, il gettito e si contribuisce così a calmierare anche i prezzi che alla fine non salgono più. Quindi in una economia “normale” l’inflazione non è una bestia impossibile da domare. Nella nostra economia che invece non è “normale” i prezzi sono imposti dalle imprese di produzione e distribuzione perché hanno la “forza” sufficiente per imporli e quindi, per via dei rincari, non si espandono le produzioni ma si riducono le quantità vendute -e contemporaneamente quelle acquistate- diffondendo in ogni parte dell’economia le perdite e producendo aumento di disoccupazione che a sua volta è una ragione di una ulteriore riduzione di merce domandata; quindi così si produce riduzione di investimenti, di occupazione, di profitti, di Pil e gettito in una spirale apparentemente senza fine. In una parola: recessione che può divenire ingovernabile. Questa è la nostra economia attuale che andrebbe immediatamente corretta.

E questo è -come detto- dovuto alla forza delle multinazionali come quelle della distribuzione che impongono ai consumatori e ai fornitori i loro prezzi che salvaguardano i loro profitti anche se mandano alla malora tutti gli altri. Che la sinistra possa trovare godimento in una cosa del genere siamo abituati anche se non li capiamo, ma che la destra scopiazzi dalla sinistra queste politiche suicide lo troviamo incomprensibile. Ma il governo ha fatto bene o no a comportarsi così in questo caso?

Certo, una mano va data specie ad alcune categorie di consumatori e si deve stimolare la domanda per sostenere occupazione e reddito; ma a spese di chi? e per quanto tempo può reggere una cosa così? tutto ciò odora di sinistra comunistoide ormai superata da tempo mentre noi abbiamo bisogno di economisti che riavviino l’intero sistema evidentemente inceppato; inceppato dalla mancanza di una politica di ampio respiro e inceppato dalla esistenza di operatori “troppo grandi per esistere”; cioè troppo grandi per essere compatibili con il sano funzionamento dell’economia ma anche con la democrazia economica e politica.

Canio Trione