I miti e i luoghi comuni dell’Occidente

Carl Gustav Jung, maestro di psicologia dell’inconscio,  nel “Libro rosso” sostiene che non è agevole “indagare il valore di ciò che contrasta con gli ideali di un tempo, di prendere coscienza dell’errore contenuto nelle convinzioni (precedentemente) sostenute, di riconoscere la non verità contenuta in ciò che fino a poco tempo prima era la verità”, ma che, a suo giudizio, ciò è necessario fare. 

Oggi, tenendo conto dell’insegnamento di Jung,  tenterò di riesaminare i miti e i luoghi comuni di un uomo Occidentale, destinatario fin dall’infanzia dell’ insegnamento di regole e di nozioni molto lontane da una positiva valutazione di razionalità.

Uno dei miti più radicati nella nostra coscienza e tra i più celebrati dagli intellettuali continentali è la Rivoluzione francese. Guai a esprimere giudizi che non rappresentino espressioni di esaltante encomio e di sperticata lode. E’ come parlare male della lotta agli infedeli e delle gesta, definite di civilizzazione,  di Hernan Cortes in Messico. 

L’imperativo implicito (ma chiaro) è che gli atti violenti connessi a tali fenomeni non siano ricondotti al clima di violenza generato dagli assolutismi (filosofici, ideologici e religiosi) propri del Vecchio Continente (che poi saranno trasfusi nel Nuovo, coprendo, in tal modo, tutto l’Occidente) né che, in buona sostanza, si dica una verità (diversa da quella, per così dire “ufficiale”) e cioè che essi non tendevano ad altro risultato che a sostituire, con violenza e aggressività, a un potere egemonico e dispotico, un altro di pari, selvaggia natura. 

Eppure, nel caso della Rivoluzione francese ciò è dimostrato sia dall’immediatamente successivo periodo del Terrore sia dal conseguente imperialismo napoleonico, ulteriore frutto avvelenato delle concezioni assolutistiche dominanti da secoli nell’euro-continente.

Anche la visione “poetica” del movimento cosiddetto  “romantico” rappresenta un luogo comune duro a morire.

Definito con l’ambiguo termine di “spirituale” e messo in contrapposizione all’illuminismo (nella sua premessa filosofica, ritenuta, senza troppe motivazioni, inaccettabile) esso tende a esaltare la tradizione e il genio dei singoli popoli europei, sottolineandone l’aspirazione alla religiosità e quindi aprendo, a mio giudizio, la strada all’irrazionale, all’astratto  e all’istintivo. 

Non è un fuor d’opera, quindi, dire che esso rappresenta il ponte di passaggio per l’ingresso trionfale dell’idealismo hegeliano con i suoi fanatismi passionali di destra e di sinistra; e ciò, allontanando ancor più l’Occidente dal lucido e razionale empirismo conoscitivo delle sue origini greco-romane e dall’esigenza di un sano e concreto pragmatismo per risolvere lucidamente i problemi della convivenza umana. 

Un altro luogo comune della propaganda occidentale dominante, mai contestato dall’intellighentia, è che la vittoria degli eserciti alleati nella seconda guerra mondiale abbia segnato il trionfo dei buoni principi su quelli cattivi: e ciò  non tenendo in alcun conto che tra i vincitori vi erano pur sempre i sovietici, comunisti bolscevichi, certamente non ritenuti nel Nuovo e nel Vecchio Continente  “portatori di Bene”.

Ora rivedere e riconoscere, senza partigianeria e fanatismo propagandistico, la falsità dei miti e dei luoghi comuni fin qui acriticamente condivisi, anche da fior d’intellettuali, è, seguendo l’insegnamento di Jung, la premessa necessaria perché l’Occidente ritrovi una lucida coscienza di sé e l’Europa continentale imbocchi la strada giusta per riprendere il suo posto tra i grandi poli civili e produttivi del mondo, liberandosi dall’egemonia prevaricante degli Statunitensi americani, pessimi discepoli di una cattiva educazione politica europea. 

Chi condivide l’idea che la strada giusta contempli le seguenti tappe: a) ripresa di un ruolo “politico” dell’Unione Europea (in favore, naturalmente, della polis dei singoli Stati-membri e non della congrega dei finanzieri di New York e di Londra); b)  ripristino della regola antica: Salus rei publicae suprema lex esto!; c)  liberazione degli Euro-continentali dall’egemonia di banchieri e tecnocrati del credito con le loro idee di capitalismo esclusivamente monetario (che essi hanno ritenuto di preservare imponendo ai burocrati di Bruxelles pareggi di bilancio e misure di austerity che hanno impedito investimenti in attività produttive di diverso genere); d) arresto dei flussi immigratori dall’Africa che pongono solo rattoppi peggiori del buco alla zoppìa delle imprese manifatturiere in crisi di competitività per l’alto costo del lavoro e stravolgono gli equilibri civili, economici e sociali, raggiunti in anni di duro lavoro, dalle popolazioni europee… dovrebbe sentirsi  tenuto a riflettere sull’insegnamento di Jung e riconsiderare i miti e i luoghi comuni appresi in una fase precedente di vita. 

Luigi Mazzella