Sic transit gloria Europae. Così passa la gloria dell’Europa
Perché l’Occidente va alla rovescia e non impedisce, nei limiti del possibile, il suo declino e il tramonto ipotizzato da Oswald Spengler? E’ da chiedersi: si può fare qualcosa per arrestare il suo “cammino del gambero”?
La mia risposta, ovviamente soggettiva e personale è questa: sì, se si riconoscono gli errori.
L’Occidente è passato dalla ricerca sperimentale ed empirica di una “possibile” verità per la conoscenza della realtà alla sicumerica certezza di possedere la Verità (con l’iniziale maiuscola) perché rivelata da un Dio, di certo invisibile e verosimilmente inesistente o da sedicenti “maestri del pensiero” ricchi di fantasia creativa ma ritenuti da molti loro “colleghi” filosofi di scarsa razionalità. Da qui una serie nutrita di comportamenti irrazionali.
Con vari espedienti che vanno dalle leggi elettorali all’uso politico della giustizia, ogni individuo dotato della difficile capacità tecnica del governare con conoscenza delle cause, delle leggi, degli effetti intorno a un determinato ordine di fenomeni riguardanti la polis, è tenuto lontano dagli ambulacri della Politica. Il “governo dei migliori”, ipotizzato nell’antica Grecia, è diventato una chimera.
Gli Occidentali ritengono del tutto inutile sforzarsi di basarsi sul metodo, sullo studio e sull’esperienza (secondo la definizione classica di Pietro Bembo) o sentirsi obbligati a dover dimostrare di avere talento inventivo e capacità espressiva in misura maggiore di altri; non si dolgono che il vaglio di qualità individuali da parte degli elettori sia divenuto pressoché inesistente, annullato, com’è stato, da leggi che impongono agli elettori di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento e al Governo del Paese solo tra candidati che abbiano superato lo screening compiuto da modesti funzionari di partito: né si preoccupano che la scelta non sia volta ad accertare qualità e pregi dell’ “eligendo” ma piuttosto il suo grado di fedeltà al leader di turno.
In Occidente, in altre parole, si prescinde da ogni valutazione della capacità di difendere gli interessi della polis (che, com’è noto, si sostanziano nel mantenimento di condizioni di civile e ordinata convivenza, economica e sociale) e diventa dirimente unicamente il livello di appiattimento su cervellotiche dottrine di vario assolutismo (religioso o politico).
Le mete ritenute razionalmente impossibili per la realizzazione di un’uguaglianza universale, di una fratellanza ecumenica di tutto il genere umano, del Bene generale sul Pianeta diventano i must del pensiero condizionato dall’ideologia religiosa e/o filosofica e non libero. Follemente, l’utopia è vista come realistico progetto.
L’affermazione in Occidente delle religioni monoteistiche provenienti dal Medio Oriente e particolarmente di quelle giudaico-cristiane, decisamente orientate in senso accentuatamente sessuofobico e maschilista, fa derivare, poi, dalla ridicola e innaturale idea dei “peccati della carne”, della asserita e pretesa “normalità o anormalità” degli amplessi conseguenze positive o negative sul destino e sulla fortuna elettorale degli individui dediti alla politica. Un bacio adolescenziale della notte prima degli esami può privare un Paese di una guida sicura e carismatica. Giulio Cesare “marito di molte mogli e amante di più uomini” oggi sarebbe condannato a fare l’imbianchino (senza neppure sperare di avere la fortuna di Hitler).
La morale (ricondotta dal suo ruolo civile del romano neminem laedere a un ordine detto “spirituale” (con tutta l’ambiguità terminologica e concettuale che ne deriva) condiziona fortemente, nella parte ovest del Pianeta, il giudizio politico.
Inoltre, la giustizia, anticamente considerata una virtù (e i Romani, in conseguenza, ne affidavano la gestione a personalità di provata saggezza ed esperienza) è utilizzata dagli odierni Occidentali come strumento di lotta politica. Con l’espressione “uso politico della giustizia”, s’intende ormai dire che a reggere le sorti del governo e a indirizzare la politica, bene o male, in favore o sfavore della gente non sono più tutti gli eletti in votazioni popolari ma sostanzialmente solo quelli che riescono a sfuggire agli “avvisi di garanzia” emessi dai vincitori di un modesto concorso con cui la classe politica seleziona chi deve, entrando nel ruolo dei pubblici impiegati, formulare accuse e amministrare giustizia.
Infine, l’Unione Europea con le sue strutture burocratiche di prevalente origine bancaria, non dirette da organi politici e volte unicamente a perseguire obiettivi che sono quelli delle centrali finanziarie di New York e di Londra ha ridotto a un’inguaribile impotenza la politica nel vecchio continente.
Con le regole dell’austerity e del pareggio di bilancio, con l’indebitamento esponenziale degli Stati membri (progressivamente fiaccati anche dalla destabilizzazione derivante dal traffico di migranti dal cuore dell’Africa) i margini di scelta degli uomini politici Europei si riducono a zero.
Et de hoc satis… solo per brevità di spazio.
Luigi Mazzella