La libertà nel terzo millennio

Quasi tutti i partiti si professano liberali specie in prossimità delle elezioni, ma la libertà con l’evolversi della storia, ha assunto vari significati a seconda di chi la propugna.

Per le multinazionali libertà è la possibilità di andare in ogni parte del mondo a conquistare nuove fette di mercato senza essere intralciate da limitazioni di tipo fiscale, burocratico, culturale e quindi per loro libertà è anche poter influire sulle scelte delle istituzioni nazionali con la pressione delle loro lobby; in cambio asseriscono, ma quasi sempre è falso, di portare occupazione e benessere.

Alcuni liberali a loro volta sostengono che la concorrenza sia una specie di regola evangelica senza possibili temperamenti il cui ruolo sia quello di favorire i più efficienti e quindi meritevoli lasciando cinicamente che gli altri vengano esclusi dal mercato.

Certi altri liberali credono invece che si debba garantire anche ai meno efficienti un posto e un ruolo nell’economia anche a costo di rimanere cronicamente in deficit.

Per molti altri liberali il bilancio pubblico deve garantire uno sbocco sufficiente alle produzioni realizzate dalle imprese e così giù ad inventare bonus e rottamazioni a più non posso fortemente voluti dai produttori.

Altri liberali, all’inverso, sostengono la necessità di avere un bilancio pubblico in pareggio o almeno sostenibile lasciando che il mercato decida quale settore o impresa debba rimanere operativa e quale debba esserne cacciato.

La tecnologia ci ha resi più liberi secondo molti, mentre per altri è la pietra tombale della libertà. 

Altri ritengono che libertà significhi poter creare in laboratorio virus o intelligenze artificiali o comunque tecnologie in grado di modificare l’andamento della storia dell’umanità, ovviamente secondo loro in meglio, con poca fatica e spesa.

Altri ancora pensano di essere liberi di poter creare bambini a piacimento prendendo in fitto, a pagamento, una persona umana magari scegliendo il colore della pelle o altro del nascituro.

Altri credono che libertà sia la possibilità di dare libero sfogo alle proprie pulsioni intellettuali o sessuali ritenendo di esserne legittimati dalla mera stessa esistenza di tali pulsioni. Moltissimi pensano di essere liberi di andare in qualunque parte del mondo a cercare lavoro.

Altri credono nella incomprimibilità e illimitatezza della libertà di professare la religione che vogliono e come l’hanno capita, senza molta considerazione delle altrui convinzioni ed interessi.

Poi ci sono i lavoratori che o espulsi dal lavoro dipendente o alla prima esperienza oppure semplicemente per guadagnare di più di un salario, credono che non possa non esistere la più totale libertà di intrapresa e di lavorare; lavoratori che rimangono esterrefatti quando si accorgono che esistono forti limitazioni a quella libertà, spesso ottuse e visibilmente inutili, che sono imposte nientedimeno che dallo stato con norme fiscali e amministrative.

Sono tutte libertà che nei decenni si sono espanse come mai si sarebbe anche solo immaginato grazie alla crescita del benessere e delle tecnologie. Un caos infinito cui serve mettere un pò d’ordine.

Coloro che si professano liberali oggi sono chiamati a discernere tra libertà buone e libertà cattive… cioè abbiamo scoperto che la libertà non è buona sempre e comunque e cioè, come ogni cosa di questo mondo, non è un assoluto. Purtroppo la classe politica di tutto il pianeta è costituita da personaggi per lo più espulsi dal mondo del lavoro e della cultura per incapacità e quindi al più, mediano tra interessi e pulsioni contrapposti tenendo ben chiaro il proprio ruolo di custode della propria poltrona.

Non è su di loro che si può contare e vanno senza indugio sostituiti.

La stessa sopravvivenza dell’umanità dipende da questa opera di discernimento che altro non è che qualificazione del valore libertà. Cioè, può sembrare strano dirlo, ma il liberale del futuro è uno che dovrà farsi carico di limitare, regolamentandole, molte libertà dannose per i singoli e le collettività. In realtà non è un limitare ma un valorizzare quello che serve e che c’è di buono. Si dovranno, per entrare più nel dettaglio, certamente rispettare le diversità e quindi le identità che certamente sono di tipo territoriale e culturale e non certo di tipo economico; identità che così ne usciranno più libere di oggi e meno minacciate dalle illiberalità rappresentate dalle istituzioni colluse con le organizzazioni aziendali multinazionali.

Questa è l’ennesima sfida, che fa tremare le vene e i polsi, per il pensiero liberale perché sarà accusato di neo autoritarismo e tale dovrà essere specie nei rapporti con i troppo grandi e troppo forti e quindi le libertà “nuove”, cioè rese attuali e pericolose dalla tecnologia e dal benessere, devono essere regolamentate come già lo sono quelle vecchie. L’alternativa, verso cui peraltro ci siamo ormai incamminati, è l’autoritarismo tout court, quello delle grandi Corporation alleate con i politicanti contro di noi.

E non vi sarà scampo: se non si pone mente adesso a questa questione, la libertà, quella dei e per i singoli cittadini, diverrà per secoli una parola senza senso.

Canio Trione